Sabato 31 marzo, la Nuova Sardegna ha riportato le dichiarazioni dell’assessore del Lavoro e Formazione Professionale della Regione Sardegna, Antonello Liori, dalle quali riemergono prepotenti le perplessità sui corsi di qualifica per Operatore Socio Sanitario, proposti e gestiti al di fuori dell’ordinamento regionale.
31 marzo 2012
Sessantamila giovani in corsa per 1600 posti a disposizione
Valanga di domande per i corsi di formazione professionale Oss banditi dalla Regione.
Ma scoppia il caso degli esami finali sostenuti negli istituti didattici dell’Emilia Romagna
di Luciano Piras
NUORO. Sessantamila giovani in corsa per 1600 posti banditi dalla Regione. Una valanga di domande arrivate agli uffici cagliaritani dell’assessorato del Lavoro e formazione professionale. Un esercito di aspiranti Oss, operatori socio sanitari, esposto al rischio concreto di rimanere a mani vuote. Ragazzi e ragazze disposti anche ad accendere un mutuo pur di poter frequentare un corso e ottenere un pezzo di carta che potrebbe aprire le porte del futuro. Salvo poi scoprire che in Sardegna operano già da due anni a questa parte tre istituti privati di formazione (due a Cagliari, uno a Tortolì) non accreditati dalla Regione ma che tengono comunque le lezioni e tutte le attività didattiche annesse facendosi pagare la bellezza di 3000 euro da ogni singolo iscritto. Aspiranti Oss che poi devono sbarcare in Emilia Romagna per sostenere gli esami di abilitazione. Una babele, insomma, che ha fatto perdere le staffe anche all’assessore regionale del Lavoro e formazione professionale Antonello Liori, tanto da spingerlo a chiedere al ministero dalla Salute la convocazione urgente della Conferenza Stato-Regioni. L’unica via d’uscita, o meglio: l’unica via per sbrogliare la matassa una volta per tutte.
Groviglio burocratico. Il caso Oss, infatti, nasconde un buco normativo oltre che un groviglio burocratico inestricabile. Un caso nazionale con un’aggravante tutta sarda: diversi istituti privati di formazione isolani si avvalgono «di strutture autorizzate solo nella Regione Emilia Romagna, ingenerando così nel corsista l’erronea convinzione dell’esistenza dell’autorizzazione della Regione Sardegna», spiega Angelo Minghetti, uno dei tre coordinatori del Migep, federazione nazionale che riunisce in associazione le professioni infermieristiche e tecniche. Un sodalizio che ha sede a Verbania, in Piemonte, e che da tempo va raccogliendo lamentele e segnalazioni da tutta Italia. Dalla Sardegna, in particolare. Dal Nuorese come dalla Nurra, dal Campidano come da Cagliari. Telefonate e lettere di giovani disperati che nel 2010 e nel 2011 hanno superato l’esame a Bologna, pagando di tasca propria anche il biglietto aereo di andata e ritorno oltre che l’hotel, pur di ottenere la certificazione necessaria per la qualifica professionale Oss. Un’illusione. Peccato infatti che quella certificazione sia carta straccia in Sardegna. Una volta tornati nell’isola, i corsisti sardi, un migliaio in tutto, finora, restano con un pugno di mosche, «con un titolo che non è spendibile» alza la voce Minghetti. Anche lui pronto a raggiungere Roma appena il ministro della Salute Renato Balduzzi lo convocherà. Anche Minghetti ha chiesto un tavolo tecnico chiarificatore. «Necessario per dare risposte certe a questa povera gente – dice – e prim’ancora che il caso passi nelle mani della magistratura».
L’assessore. Intanto, anche Antonello Liori si è dato da fare di fronte «a questa situazione che mi è stata segnalata. Infatti – spiega l’assessore –, ritengo che l’uso della semplice “procedura di valutazione delle competenze” possa essere lesiva degli interessi della nostra Regione, che presidia l’esercizio delle professioni socio-sanitarie con autonome scelte di programmazione nell’ambito del relativo mercato del lavoro, anche a tutela della qualità del servizio erogato. Perciò ho scritto al mio collega assessore della Regione Emilia Romagna, per avere un chiarimento sul tema». Non soddisfatto della risposta arrivata da Bologna, Liori ha subito investito del problema la IX commissione della Conferenza Stato-Regioni.
La lettera. Lo scorso 13 marzo il titolare sardo del Lavoro e formazione professionale ha spedito una missiva a Roma «chiedendo un’apposita riunione per dibattere il problema e avere una risposta definitiva. Servono garanzie e soprattutto – assicura Liori – intendo salvaguardare e garantire la serietà della formazione professionale che la Regione Sardegna organizza e finanzia in proprio». Nulla a che vedere, dunque, con i millantatori che promettono mari e monti e poi lasciano a piedi scalzi gli aspiranti operatori socio sanitari. «Il fatto è che il sistema formativo offerto dalla Regione Sardegna da parte di alcuni istituti – interviene ancora Angelo Minghetti – è se non altro fuorviante». E subito spiega cosa succede: «Gli enti regolarmente autorizzati dalla Regione Emilia Romagna stipulano protocolli di collaborazione con istituti formativi presenti in Sardegna». «Il corso viene svolto in Sardegna – sottolinea il coordinatore del Migep –, anche attraverso l’utilizzo di mezzi multimediali (corso a distanza). L’esame finale viene svolto in Emilia Romagna».
L’autorizzazione. E infine, ultimo passaggio: «L’attestato viene rilasciato dalla struttura formativa della Regione Emilia Romagna come certificazione delle competenze». «È evidente che il corso, pur essendo autorizzato nella Regione Emilia Romagna – sintetizza Minghetti –, di fatto viene svolto in Sardegna pur non essendo da quest’ultima autorizzata». Ecco perché gli attestati rilasciati a Bologna sono del tutto inutili nella terra dei nuraghi. «Certificazione zoppa», la chiama Minghetti. Un caso simile a quello che vivono gli aspiranti Oss della Liguria, della Toscana, Lazio, Puglia e Sicilia. Da qui la necessità impellente di «un intervento diretto del ministero della Salute» chiude il rappresentante nazionale delle professioni infermieristiche e tecniche. Anche se, dopo le sollecitazioni del Migep, l’Emilia Romagna ha cercato di schiarire le nebbie avvisando sul proprio sito internet gli aspiranti corsisti Oss: «Si pone l’attenzione sull’esistenza di Istituti/Enti privati non accreditati o non autorizzati dalla Regione, che realizzano attività formative prevalentemente a distanza e con strumenti multimediali, ove tra l’altro viene richiesto un sostanzioso concorso economico ai partecipanti. I titoli e/o le attestazioni rilasciati da questi Istituti privati non sono equiparabili alla qualifica di Oss, né hanno valore e spendibilità all’interno dei servizi o per la partecipazione a concorsi pubblici. Altrimenti si dovrebbe ritenere – pungola Angelo Minghetti – che le competenze dell’assessorato del Lavoro e formazione professionale della Sardegna, in merito alla determinazione del fabbisogno formativo, siano del tutto svuotate».
Il mercato. La Regione, come se non bastasse, non ha alcun potere sanzionatorio nei confronti degli istituti non autorizzati né accreditati. Resta da chiarire, inoltre, un altro dato: quante sono le reali necessità del mercato. Quanti i posti disponibili per gli Oss? Quanti gli aspiranti che potranno accedere realmente alla professione? Domande che resteranno sempre tali se il ministero non interviene per chiarire la questione e pianificare, di concerto con le singole Regioni, l’organigramma complessivo del settore. Altrimenti succede come succede di questi tempi in Sardegna: che all’ultimo concorso bandito dalla Regione, nel 2011, si presentino in sessantamila. Sessantamila. Una cifra che spaventa. Che lascia senza parole gli stessi funzionari degli uffici cagliaritani. Tanto da spingerli a contare e ricontare le domande protocollate. In corsa per appena 1600 posti.
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